Cambiamenti climatici

Il termine cambiamenti climatici si riferisce ad una modifica nello stato del clima della Terra che può essere identificata (attraverso approcci statistici) da variazioni della media e/o dalla variabilità delle variabili atmosferiche (come ad esempio, temperatura, precipitazioni, temperatura degli oceani) che persistono per un periodo di tempo prolungato, tipicamente decenni o anche più. I cambiamenti climatici possono essere dovuti sia a processi naturali interni al sistema Terra sia a forzanti esterne, quali le modulazioni dei cicli solari, le eruzioni vulcaniche e l’azione antropica in grado di influenzare lo stato del clima tramite la modifica sia della composizione dell'atmosfera (emissioni di CO2, metano) sia dell’uso del suolo (p.e. deforestazione) [IPCC, 2014].

La definizione di cambiamento climatico fornita nell’Art. 1 della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici (https://unfccc.int/resource/docs/convkp/conveng.pdf) pone in risalto il ruolo delle attività antropiche che, direttamente e indirettamente, contribuiscono alla variazione della composizione dell’atmosfera, causando variazioni persistenti dello stato del clima che si aggiungono alla naturale variabilità climatica della Terra.

I gas contenuti nell'atmosfera svolgono un ruolo importante per la regolazione del clima poiché, attraverso un fenomeno noto come effetto serra, essi regolano il flusso di energia trattenuto nell'atmosfera e contribuiscono a mantenere le condizioni atmosferiche costanti, in particolare la temperatura.

 

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I principali gas ad effetto serra di origine naturale e antropica sono:

Anidride carbonica (CO2): rappresenta il principale gas serra ed è coinvolto in tutti i processi naturali che portano all’accumulo o alla perdita di carbonio nella biomassa e nella materia organica nel suolo (sequestro o emissioni di carbonio). Le principali fonti antropiche di emissioni di CO2 sono rappresentate dall'impiego dei combustibili fossili in tutte le attività energetiche e industriali oltre che nei trasporti.

Metano (CH4): è il secondo gas serra più abbondante in atmosfera, con una capacità di assorbire calore 25 volte superiore a quella della CO2 ma con un tempo di persistenza in atmosfera più breve. Il metano viene prodotto principalmente nei terreni in condizioni anaerobiche. Le principali fonti antropiche di emissione di metano provengono principalmente dal settore energetico, dal settore agricolo, dalle discariche e dagli allevamenti intensivi. 

Protossido di azoto (N2O): è un gas serra 298 volte più potente della CO2 ed ha un tempo di persistenza in atmosfera abbastanza alto. La concentrazione in atmosfera di questo gas è però più bassa della concentrazione della CO2. La principale fonte naturale di emissione di Protossido di Azoto è rappresentata dalla decomposizione della materia organica nel suolo. Tra le fonti antropiche di N2O, si annoverano l'uso di fertilizzanti azotati e l’utilizzo dei combustibili fossili.

I dati relativi all’andamento dei gas ad effetto serra in atmosfera mostrano che a partire dalla seconda metà dell’Ottocento la loro concentrazione è in costante aumento a causa delle emissioni derivanti dalle attività antropiche (trasporti, industrie). Usualmente, le concentrazioni di tutti i gas climalteranti sono riportate in termini di CO2 equivalente. Sotto tale semplificazione, durante l’epoca preindustriale la concentrazione di CO2  è stimata stabile intorno ai 270-280 ppm (parti per milione) mentre ad oggi è stato superato il valore di 400 ppm. Nell’immagine che segue è mostrato l’andamento della CO2 a partire dal 1958, anno in cui sono iniziate le misurazioni dirette in atmosfera presso l’osservatorio di Mauna Loa (Hawaii) (https://www.esrl.noaa.gov/gmd/ccgg/trends/full.html). Tale osservatorio è scelto come riferimento data la sua posizione distante da sorgenti locali di CO2 come ad esempio quelle rappresentate dai centri urbani.

I dati raccolti dalla comunità scientifica mostrano come ad un aumento della CO2 in atmosfera corrisponde un conseguente rapido aumento della temperatura media globale. Attualmente la Terra si sta riscaldando con ritmi elevati e la temperatura media globale è aumentata di circa 1°C rispetto a metà Ottocento.

Nella figura successiva viene mostrata la variazione (anomalia) di temperatura valutata per il periodo 1880-2010 rispetto al periodo di riferimento 1951-1980 (https://earthobservatory.nasa.gov/features/GlobalWarming/page2.php).

L’Intergovernmental Pannel on Climate Change (IPCC), l’ente scientifico delle Nazioni Unite che si occupa del cambiamento climatico, pubblica periodicamente dei report al fine di fotografare lo stato della conoscenza scientifica sui cambiamenti climatici. In questi report sono inoltre fornite le proiezioni future sulla variabilità dei principali parametri climatici sulla base di diversi scenari di concentrazione (Representative Concentration Pathways - RCP). In particolare, nel Quinto Rapporto di Valutazione (Fifth Assessment Report – AR5, pubblicato nel 2013) sono utilizzati i seguenti scenari:

  • RCP 2.6 scenario di mitigazione (riduzioni di emissioni molto elevate);
  • RCP 4.5 scenario di stabilizzazione (riduzioni di emissioni consistenti);
  • RCP 6.0 scenario di stabilizzazione (riduzioni di emissioni moderate);
  • RCP 8.0 scenario ad alte emissioni (“business as usual”).

Il suffisso numerico indica l’incremento atteso nella forzante radiativa globale al suolo al 2100 rispetto all’era preindustriale (1765). Nella figura successiva si riporta il grafico della variazione di temperatura superficiale media globale simulata per il periodo 1950-2100 (rispetto al periodo di riferimento 1986-2005).  L’immagine è stata modificata a partire dal grafico pubblicato nell’AR5 (IPCC, 2013). In particolare, nella prima parte del grafico (linea nera) è mostrata la variazione di temperatura media globale dal 1950 al 2010. Nella seconda parte del grafico vengono mostrate le proiezioni di variazione di temperatura globale tenendo conto di due scenari di concentrazioni (RCP2.6 in viola e RCP8.5 in rosso).

Inoltre, nell’AR5 si legge che secondo la comunità scientifica internazionale impegnata nella ricerca climatica è “estremamente probabile” (probabilità del 95-100%) che l'aumento delle concentrazioni dei gas serra antropogenici, insieme ad altre forzanti di origine antropica (come ad esempio cambi dell’uso del suolo) siano la causa dominante del riscaldamento globale osservato nel periodo 1951-2010.

L’IPCC ha anche pubblicato una valutazione del contributo alle emissioni di gas serra delle varie attività antropiche per ciascun settore socio-economico. Dallo studio, basato su dati globali relativi al 2010, emerge che il 25 % delle emissioni di gas serra deriva dalla produzione di elettricità e calore e dalla combustione di carbone, gas naturali o petrolio; il 24 % dall’agricoltura, dall’allevamento e dalla deforestazione; il 21 % dall’industria; il 14 % dai trasporti; il 6 % dal consumo di combustibili fossili per uso residenziale e commerciale; il 10 % da altre attività quali ad esempio l’estrazione di combustibili fossili, la raffinazione e il trasporto del petrolio (è possibile consultare questi dati anche al seguente sito https://www.epa.gov/ghgemissions/global-greenhouse-gas-emissions-data e nel documento  IPCC del 2019 https://www.ipcc.ch/srccl-report-download-page/).

Da queste informazioni emerge la necessità di intraprendere urgenti e significative azioni da parte dei Governi dei vari Stati per ridurre le emissioni di gas serra al fine di limitare i futuri impatti dei cambiamenti climatici. Per questo motivo, gli accordi internazionali, come il  Protocollo di Kyoto (https://ec.europa.eu/clima/sites/clima/files/forests/docs/kpeng_en.pdf) e l' Accordo di Parigi (https://ec.europa.eu/clima/policies/international/negotiations/paris_it), pongono l'obiettivo di ridurre la concentrazione di gas serra in atmosfera e contenere l’aumento della temperatura media globale ben al di sotto di 2°C rispetto al periodo preindustriale.

Per quanto riguarda gli impatti associati ai cambiamenti climatici, essi interessano tutti i settori socio-economici. In particolare, per il settore agricolo, essi sono rappresentanti da un aumento in intensità e frequenza dei fenomeni meteorologici estremi (quali precipitazioni, eventi siccitosi, gelate, grandinate, alluvioni). Le variazioni attese di temperatura e precipitazioni riguarderanno sia i loro valori medi (che regolano le diverse fasi stagionali della produzione agricola) sia i valori estremi ai quali sono spesso associati i fenomeni di dissesto geo-idrologico. Nell’area Mediterranea tali variazioni comporteranno:

  • Modifiche sulla fenologia e sui calendari (anticipi stagionali e delle epoche di fioritura, allungamento complessivo della stagione di crescita);
  • Spostamento delle specie spontanee verso nord e verso l’alto, acclimatazione di specie tropicali;
  • Modifiche sui regimi idrici e sulla domanda irrigua (precipitazioni inferiori, spesso molto concentrate, maggiore evapotraspirazione);
  • Effetti diretti della maggiore CO2 sulla crescita e rigoglio;
  • Effetti indiretti su parassiti e malattie;
  • Eventi meteorologici in grado di ridurre parzialmente o totalmente sia le attività di lavorazione sia le produzioni stagionali.    

Ad ogni modo, si ritiene che l’agricoltura giochi un duplice ruolo nei confronti del clima. Infatti, prendendo in considerazione il caso italiano, l’agricoltura è responsabile del 7 % delle emissioni complessive di gas serra, collocandosi al terzo posto in termini di contributo emissivo dopo il settore energetico e quello industriale. Tuttavia è da notare che grazie all’attuazione di pratiche sostenibili, implementate anche ai fini del perseguimento di obiettivi di riduzione delle emissioni sottoscritti a livello internazionale ed europeo, le emissioni nazionali di gas serra, incluse quelle del settore agricolo, sono in diminuzione rispetto ai livelli del 1990. È possibile dunque affermare che pratiche agricole sostenibili contribuiscono a mitigare il cambiamento climatico. 

Nello specifico, la Mitigazione e l’Adattamento rappresentano strategie diverse ma complementari per contrastare i cambiamenti climatici.

Per quanto riguarda la strategie di mitigazione, esse agiscono sulle cause del cambiamento climatico e includono tutti i meccanismi e le azioni volte alla riduzione delle emissioni antropiche dei gas serra. Le strategie di adattamento invece comprendono tutte le “azioni intraprese per adeguare gli ecosistemi naturali e i sistemi umani, così che essi possano far fronte a nuove condizioni determinate dal cambiamento climatico, con lo scopo di ridurre i potenziali danni o generare potenziali benefici” (Commissione Europea, 2007).

Nel 2013, al fine di incoraggiare tutti gli Stati membri dell’Unione Europea ad intraprendere strategie di adattamento, la Commissione Europea ha adottato la Strategia di Adattamento ai Cambiamenti Climatici (https://ec.europa.eu/clima/policies/adaptation/what_it), con la quale si impegna a fornire i finanziamenti necessari per lo sviluppo di piani d’azione locali. La strategia è costituita da una serie di documenti: il documento principale è rappresentato dalla Comunicazione della Commissione Europea “An EU Strategy on adaptation to climate change”. Tale comunicazione è accompagnata da documenti che trattano il tema dell’adattamento in specifici settori, quali ad esempio le infrastrutture e l’agricoltura, e da linee giuda per la preparazione delle strategie nazionali di adattamento.

In Italia il primo passaggio per la definizione delle azioni e delle politiche di adattamento ai cambiamenti climatici è rappresentato dalla pubblicazione della Strategia Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici (SNAC), nella quale sono stati individuati i principali impatti dei cambiamenti climatici per una serie di settori socio-economici e naturali e sono state proposte azioni di adattamento a tali impatti. La SNAC è stata approvata con il Decreto Direttoriale n.86 del 16 giugno 2015.

Tale documento è disponibile al seguente link: http://www.pdc.minambiente.it/sites/default/files/allegati/strategia_nazionale_adattamenti_climatici.pdf

Nello specifico, esso evidenzia come le variazioni climatiche attese per le prossime decadi possano influenzare fortemente lo sviluppo del settore agricolo e le sue dinamiche produttive, soprattutto in aree altamente vulnerabili come quello mediterraneo. Per questo motivo risolta dunque necessario applicare pratiche agricole sostenibili che possano contribuire sia alla mitigazione che all’adattamento dei sistemi agricoli ai cambiamenti climatici. Le azioni di mitigazione hanno da un lato lo scopo di ridurre le emissioni derivanti da pratiche poco sostenibili, dall’altro permettono di aumentare il sequestro del carbonio. Le pratiche di adattamento invece consentiranno di ridurre i danni potenziali dovuti a fenomeni associati ai cambiamenti climatici o di sfruttarne le potenziali opportunità vantaggiose.

RIFERIMENTI:

IPCC, 2013: The Physical Science Basis. Contribution of Working Group I to the Fifth Assessment Report of the Intergovernmental Panel on Climate Change [Stocker, T.F., D. Qin, G.-K. Plattner, M. Tignor, S.K. Allen, J. Boschung, A. Nauels, Y. Xia, V. Bex and P.M. Midgley (eds.)]. Cambridge University Press, Cambridge, United Kingdom and New York, NY, USA, 1535 pp. Versione italiana disponibile al seguente link: https://www.ipcc.ch/site/assets/uploads/2018/03/ar5-wg1-spmitalian.pdf.

IPCC, 2014: Annex II: Glossary [Mach, K.J., S. Planton and C. von Stechow (eds.)]. In: Climate Change 2014: Synthesis Report. Contribution of Working Groups I, II and III to the Fifth Assessment Report of the Intergovernmental Panel on Climate Change [Core Writing Team, R.K. Pachauri and L.A. Meyer (eds.)]. IPCC, Geneva, Switzerland, pp. 117-130. Scaricabile al seguente link: https://www.ipcc.ch/site/assets/uploads/2018/11/sr15_glossary.pdf.

IPCC, 2019: Climate Change and Land: an IPCC special report on climate change, desertification, land degradation, sustainable land management, food security, and greenhouse gas fluxes in terrestrial ecosystems https://www.ipcc.ch/srccl-report-download-page/.

Per ulteriori informazioni è possibile consultare il Focal Point IPCC per l’Italia al seguente link: https://ipccitalia.cmcc.it/.